domenica 29 novembre 2015

Sguardi del sogno

Appunti di estetica dello spettatore di circo 

Il circo é il solo spettacolo che io conosca che, mentre lo si guarda, ha la qualità di un sogno felice.
Ernest Hemingway

E se fosse solo un fatto di sguardo?
 E se tutta la magia del circo avvenisse solo nella testa dello spettatore?  Il circo é il solo spettacolo in cui chi lo esegue non ha bisogno di raccontare una storia. Ed é l'unico in cui lo spettatore paga un biglietto senza sapere esattamente chi o cosa vede. Invece di una finzione, si compra un sogno a occhi aperti, un'esibizione di cruda realtà in cui forse si cerca uno specchio ove riflettere parti di sé. 
Si fa con la chiave della curiosità: attraverso la serratura della realtà si cerca di spiare quali estremi il nostro quotidiano solitamente ci nega, ben sapendo che sono possibili: si origlia per spiare il contrario di quello che si fa col fisico, spinto a limiti insostenibili; la grottesca strafottenza a cui abbiamo rinunciato con l'infanzia; l'esagerazione a puri fini estetici di rischio e pericolo. Lo stesso senso di colpa del rapporto crudo e diretto con gli animali ci viene forse dalla negazione dell'Eden, che il circo vuole ricreare.
 Ed ecco che perciò, sotto il tendone, il nostro sguardo si misura con le conferme che cerchiamo o che evitiamo: col sollievo di non essere nati con tre gambe ma col terrore di poter un giorno camminare anche noi senza rete sull'orlo di un baratro. 
Davanti a quegli esseri umani crudi, veri, implacabili nell'accerchiamento di luce di uno spazio senza nascondigli, sincero e spietato come solo la corrida, l'unica arma é il sogno; é esso l'unico mezzo che possa rubare la verità del nostro sguardo. E così, dinanzi ad acrobati e domatori, dinanzi agli oggetti che nell'aria non si fermano perché devono presto ricadere, cerchiamo di trasfigurare quella realtà implacabile e farne un'esperienza di bellezza. Perchè alla fine l'artista é uno sciamano, ed il suo un umile ruolo é solo di guida nell'invisibile. Il resto sta a noi.
Il circo esiste da sempre, é vecchio quanto lo sguardo stesso.  Proviamo ad aprire questa porta, riscoprendo la più bella pagina forse mai scritta sullo spettatore di circo:

In Galleria
Franz Kafka, 1909

Se una cavallerizza, decrepita e tisica, venisse costretta a girare attorno alla pista, su un cavallo vacillante, davanti ad un pubblico instancabile, per mesi e mesi inseguita dalla frusta di un direttore spietato, frullando sul cavallo, gettando baci, dondolandosi coi fianchi, e se questo gioco continuasse tra il fragore incessante dell'orchestra e dei ventilatori, nel grigio avvenire che eternamente si schiude, allora forse un giovane spettatore di galleria si affretterebbe giù, per la lunga scala, attraverso le gradinate, si getterebbe sulla pista e griderebbe l'alt in mezzo alle fanfare dell'orchestra sempre ubbidiente.

Ma, poiché non è così, una bella signora rosa e bianca entra come a volo, dai tendaggi. Il direttore, cercando devoto i suoi occhi, le si fa incontro ansando con un contegno d'animale; la solleva provvido sulla sella come se ella fosse la sua nipotina adorata che parte per un viaggio pericoloso; non sa risolversi a dare il primo colpo di frusta; lo dà infine, con uno schiocco, facendo forza a se stesso; corre accanto al cavallo con la bocca aperta; segue con sguardo teso i salti della cavallerizza; non sa capacitarsi della sua destrezza; cerca di metterla in guardia con esclamazioni in inglese; furente, ammonisce gli stallieri che reggono il cerchio di star bene attenti; prima del gran salto mortale scongiura a mani levate l'orchestra di tacere; e alla fine solleva la piccina dal cavallo tremante; la bacia su entrambe le guance e giudica insufficiente ogni omaggio tributato dal pubblico; mentre la cavallerizza, da lui sorretta, sulla punta dei piedi, avvolta in un alone di polvere, con le braccia allargate e la testolina rovesciata sembra voler dividere con tutto il circo la sua felicità - e poiché è così, lo spettatore di galleria appoggia il viso sul parapetto e naufragando nella marcia finale, come in un sogno affannoso, piange senza saperlo.

Foto in alto: Mary Ellen Mark, "Great Rayman Circus"
Immagine in basso: Otto Walter, "Im Circus", incisione, coll.Raffaele De Ritis
Testo per Juggling Magazine, Dicembre 2015, tutti i diritti riservati.



venerdì 27 novembre 2015

La gabbia dell'eterna giovinezza

Ne abbiamo ormai abbastanza di quei numeri in cui il domatore passa il proprio tempo a spostare accessori, mentre i leoni sonnolenti lo contemplano. Si vogliono di nuovo i salti, i ruggiti, il lavoro ad effetto. (….) Si va senza dubbio verso una combinazione dei due generi: dressage “in ferocia”, ma con una messa in scena più studiata...
Henri Thétard, Les Dompteurs, 1928


Alla fine é sempre una questione di teatro. 
Quello che distingue un artista da un buon artigiano é la capacità di portare in scena la propria vita, di raccontarci tutto quello che ha dentro, di illuderci dell'eterna giovinezza. 
Stefano Orfei Nones ha quasi cinquant'anni ma ne dimostra forse la metà. In un quarto d'ora ci racconta mezzo secolo passato nella pista del circo, e lo fa tra le belve. 
Il segreto per la controversia sul lavoro con gli animali é forse nel talento o meno di praticare e raccontare la bellezza.
Nel lavoro di Stefano, con le decine di tigri e leoni da lui allevate, c'é la personalità di un artista che, percorsi tutti i gradini di una carriera, sembra essere in pista con la meraviglia della prima volta,   nel dominio di tutto l'armamentario dello spettacolo. Vi é consapevolezza dello spazio scenico, complesso come quello della gabbia, gestito con la grazia del ballerino e l'agilità del calciatore. C'é lavoro sulla personalità di ciascuna belva, alla pari e di assoluta dignità, nella finzione sottile tra l'humor e la suspence. Il controllo di elementi decisivi, come la musica e un disegno delle luci maniacale come mai si era visto in un numero di felini. Vi é la drammaturgia dei ritmi in una struttura di crescendo che gratifica lo spettatore incollandolo sulla sedia. E, per noi, la consapevolezza di essere di fronte a una star con la leggerezza capace solo a chi, con durezza, per una vita ha fatto di tutto: l'equilibrista, il cavallerizzo, il trapezista, e tutti i mille mestieri fuori dalla pista che forgiano il circense.
 Stefano oggi presenta due diversi numeri di belve, poi un numero di quadrupedi esotici e una pregevole “alta scuola” di equitazione. E' forse l'ultimo solista al mondo capace di tale repertorio. Ma oltre alla possibilità di vedere dei bei numeri e dei magnifici animali, l'artista ci colpisce per come si racconta, nel contrasto tra la serenità del sorriso e la follia nello sguardo quasi disperato di passione e orgoglio per un'arte che non esiste più, chiusa in una gabbia fuori dal tempo. In pochi minuti siamo riconciliati con il grande circo; con l'epica dei grandi domatori-attori di ogni epoca, Clyde Beatty, Moustier, Taras Boulba, Pablo Noel, Gunther Gebel, lo stesso Walter Nones. Vediamo l'antica scuola inglese che, dalle crude fiere ottocentesche si abbandona nella grazia all'italiana. Impariamo come l'uomo può ancora davvero amare gli animali. Abbiamo ancora la pelle d'oca. Ma soprattutto, come scriveva John Steinbeck, usciamo dal tendone rigenerati e pronti a sopravvivere.


Stefano Orfei Nones entra in pista per la prima volta nella gabbia dei leoni nel 1966, poco dopo la sua nascita, nel giorno del suo battesimo. Nel 1974 si esibisce nella troupe Dobritch di equilibristi alle pertiche. Con il maestro Hristo Matev, saltatore sul filo, dà vita con la sorella Lara e i cugini a una troupe di acrobati al trampolino alla fine degli anni '70. Questo lavoro lo prepara al trapezio: per molti anni nella troupe di Roberto Jarz, Stefano riuscirà a compiere il doppio salto mortale. 
Nel 1978 inizia ad alternarsi allo zio Giuseppe Nones nella presentazione di otto cavalli murgesi, sotto la guida di Bernard Jostmann. 
Negli anni '80 Walter Nones inizia un ambiziosissimo progetto di rinnovamento dei numeri di animali del Circo Moira Orfei. Nel 1983 chiama l'addestratore svizzero Henri Wagneur, che aiuta Stefano a preparare una cavalleria di sei arabi e sei stalloni del caucaso, ed inizia ad addestrare con lui il rinoceronte Jumba. Nel 1982 vengono selezionate 50 tigri che affidate a Jean Michon, generano il gruppo di 17 esemplari che varranno a Giuseppe Nones il clown d'oro nel 1987. Stefano segue con attenzione le vari fasi dell'addestramento. 
Nel 1985, Stefano inizia a preparare con Charles Knie un delicato gruppo di antilopi e zebre, a cui si aggiungono canguro, giraffa, struzzi, rinoceronte e vari altri esemplari. Negli stessi anni, sotto la guida di Diane Antoine, Stefano e la sorella Lara preparano un numero di equitazione. Stefano monta un lusitano, un frisone e un alter real. I due numeri, esotico e alta scuola, varranno a Stefano il Clown d'Argento nel 1989. Nello stesso anno viene abbandonata la cavalleria, per ospitare le troupe di cosacchi sovietici della produzione “Moira più Mosca”. 
Nel 1993, a Milano, Stefano entra nella grande gabbia alternandosi allo zio Giuseppe con le 9 tigri restanti del gruppo di Monte Carlo. Negli anni successivi si dedica sempre di più alle belve, creando lui stesso un nuovo numero di 5 tigri, di cui una bianca, che gli varrà un altro Argento a Monte Carlo nel 2004.
 Nel 2007, con l'unione all'attrice Brigitta Boccoli, Stefano integra i propri animali nella revue circense “Una Tigre Per Amore”. Nel 2007 vengono acquistati Artu' e Ginevra, coppia di leoni bianchi di 18 mesi di età, affidati alle cure di Stefano e di David Cawley-Chippefield, dal 2009 presentati in un numero con due tigri e due leonesse. Questo numero si alterna a quello delle tigri, e nel 2012 viene presentato nella tournée circo francese Medrano da Gary Ambrose. 
Nel 2013 prende forma il nuovo numero di 9 tigri, di cui 4 bianche, e nel 2014 quello di 4 leonesse e 4 tigri. Nel corso degli anni cambiano forma anche il numero di alta scuola e quello esotico, che Stefano ha attualmente basa su 4 zebre, 4 cammelli e un elefante.

Raffaele De Ritis per Le Cirque dans L'Univers, numero di Dicembre 2015. Vietata la riproduzione anche parziale, tutti i diritti riservati.

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