l’ultimissima creazione di James Thierrée
Questo é cirque dell’esistenza: potente nella sua bellezza visiva, ipnotico nel suo ritmo non forzato, capace di divertire ma più memorabile per la sua profondità e ricchezza di sentimenti. Variety magazine
Dopo appena pochi mesi, riecco un’apparizione di James Thierrée nel nostro Paese. James, lo ricordiamo per i distrattissimi, è l’idolo del nostro blog e il figlio maggiore di Jean-Baptiste Thierrée e Victoria Chaplin. Acrobata, mimo, attore, danzatore, musicista, regista, è per noi il prototipo dell’artista classico di circo degno della propria epoca. Il più antico e il più moderno di tutti. Senza etichette e senza pretesa altra che stupire ed emozionare tutti.
“Au revoir parapluie”, l’ultimo spettacolo della compagnia di James, in un anno ha già girato per tre continenti e verrà presentato in prima (e per ora unica) data italiana al Festival di Villa Adriana a Tivoli: 26, 27 e 28 Giugno 2008 (cioè da dopodomani).
Abbiamo rubato e tradotto alcuni stralci da un’interessante ed ampia intervista rilascata da James a Time Out Chicago nello scorso Autunno. Assieme ad una galleria fotografica dello spettacolo, vi offriamo anche un frammento video della prima londinese dello spettacolo.
Spettacoli, storie e personaggi
Penso in termini di atmosfera e dinamiche fisiche (….). I personaggi sono forti, semplici in realtà. Per uno show senza parole, mi piace giocare con il racconto, ma senza mai caderci dentro perché so che non è il mio scopo. Io sono nel linguaggio dell’inconscio. Il pubblico proietta le proprie fantasie o speranze su queste immagini. Cerco di non superare mai il confine e iniziare a dire “allora, questo parla di un uomo che…”. Resto appena nell’area dove definisco i personaggi (…). Sembrano avere ostacoli, rapporti emotivi, e basta. Non cerco di spingermi nella precisazione. E qualcuno resta frustrato: “ma allora di che parla la storia?”
Scena e accessori
Disegno io la scena (…). Tutto deve essere utile. Non posso avere una scena che sembra bella ma non ci puoi lavorare vicino. Mi serve una scena su cui ci si possa arrampicare. Essere sicuro che si possa usare in vari modi. Tutto sembra poter subire una metamorfosi. Nulla è quello che sembra. Può essere una sedia, ma diventa un costume. Può essere un costume ma poi diventa un non so cosa, un’arma...
Sul Cirque du Soleil
Penso che abbiano meravigliosi artisti. Ma a volte mi rende triste non “vedere” questi artisti, coperti da una patina di design, musica e marketing. Non dico che il successo economico sia un male, solo che così perdi la fragilità, perdi il rischio della proposta artistica. E’ come quando vedi un bel film di Hollywood, perfetto in tutto, e poi esci dal cinema ma niente ti è rimasto. Però ti è piaciuto mentre lo guardavi.
Chaplin
Ritorna sempre. E non posso negarlo. Non posso dire che non ci sia. Tutto quello che posso dire è che non c’è un lavoro sopra (…) E’ solo che integro tutto quello che ho dietro, incosciamente o per via genetica (…). Ma da dovunque ciò venga, noi siamo il risultato di un insieme di cose. E le lascio venire fuori.
Tre generazioni di artisti
E’ bello il fatto che un’arte scorra attraverso le generazioni, che si sia fabbricanti di violini o artisti di teatro…Alla base c’è la conoscenza e l’amore di un’arte. (…). Comunque non puoi starci sempre a pensare sopra. Devi proiettarti nel futuro. Devi ascoltare il mondo come è oggi, e tentare di reagire ad esso. E poi stare in sincronia con la tua vita e identità. E tutto questo si deve sentire come un flusso, qualcosa che suoni giusto. Se suona giusto, va bene.
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