
Dame Laura Knight, "Charivari, or the Great Parade" (1928).
Olio su tela, Newport Art Museum.
Ispirato al circo natalizio di Bertam Mills all'Olympia hall di Londra.
Il circo ha una mitologia enorme, sovraccarica di immaginario e di aspettative, e lo spettatore richiede sempre una sfida stretta tra il bisogno della sorpresa e quella delle conferme. Vedere un circo che di tutto questo rappresenti l’essenza è una probabile utopia.
Ho visto un circo bellissimo a Barcellona, pentendomi che fosse la prima volta (ad esempio non sapevo che Joan Mirò fosse stato uno dei suoi aficionados). In Catalogna sembra rappresenti quello che è Roncalli per
E infine, i quattro elementi di base per fare uno spettacolo di circo: la musica, i pagliacci, i numeri, la barriera. Va spesso ricordato: il circo è fatto di numeri (non ci si può girare intorno più di tanto). I numeri non hanno senso senza la musica. Lo spettacolo di circo non funziona senza i pagliacci. E neanche senza la barriera, che è quell’insieme di artisti e personaggi ormai sostituita da tristi schiere di anonimi lavavetri. Non so spiegare perché credo in questa ricetta, ma è un’alchimia che si è costruita nei secoli, e quindi è così. Una volta che quest’alchimia funziona, non serve altro (animali o non animali, soleil o non soleil).
Il circo Cric, dicevo, è rotondo (i circhi ormai non sono quasi più rotondi), una sorta di Knie un po’ più piccolo. Si entra dale scale esterne. Non c’è l’ombra di velluti o dorature per evocare un passato che tanto già conosciamo. La pista è un palco nero, rotondo, finalmente senza quei fastidiosi palchi (che in origine al circo non c’erano) liberando l’energia che corre dall’artista allo spettatore, come in piazza. Le luci sono del massimo livello. Un’orchestra fenomenale, straordinaria, fatta di grandi solisti (per la prima volta vedo un pianoforte a coda sotto un tendone). Gli artisti sono tutt’uno con l’orchestra: ci si siedono in mezzo quando non lavorano; e l’orchestra è tutt’uno con gli artisti perché guida lo spettacolo come un ottovolante, con una ricerca raffinatissima su divertenti temi latini e brasiliani. E gli artisti sono “la barriera”, come sempre è stato e dovrebbe essere: non esistono “inservienti”. I numeri, non tantissimi ma confezionati con la cura di un pasticciere che compone una scatola di dolci per il pranzo della festa. Sono scritturati da tutto il mondo (Canada e Francia sopratutto), in genere ragazzi di scuole ma che hanno in comune talento, energia e spontaneità. E poi un bravo mimo, Leandre.
E infine un grande pagliaccio, Tortell Poltrona: una carica dirompente di umanità. E’ una delle figure storiche del teatro di strada e del circo catalano, molto amato da pubblico, e direttore di questo circo. Un circo in cui, pur senza un animale, anche i bambini più piccoli rimangono inchiodati per due ore con gli occhi spalancati.
Nel video: Leandre in una brevissima transizione musicale dello spettacolo.
Sulla prima pagina del “Giornale dello Spettacolo” mi allarma un titolo: “Il circo oscurato”. Che vogliano mai abolire i circhi? La foto tessera, a fianco, del presidente dei circhi però mi fa capire che forse non è così grave. Il presidente dei circhi, che si chiama Palmiri, è un signore quasi centenario e assolve questa mansione ininterrottamente da poco dopo la guerra. Infatti, apro il giornale per andare alla pagina dell’articolo ed il titolo è molto più esplicito, però anche molto più allarmante. Dice infatti: “Palmiri: sindaci, giunte e media contro i circhi italiani”.
Ma procedo con la lettura. In sei colonne di scenari apocalittici, questo Palmiri parla veramente di un “oscuramento mediatico di cui pare soffrire il circo italiano”, dichiarando oltre che “gli organi di informazione sembra applichino una sorta di censura anche di fronte ai grandi Festival come Monte Carlo o Mosca”. E prosegue vantando il valore di tali successi.
Ma forse il presidente dei circhi i giornali non li legge. Perché del circo si parla tanto, nelle cronache nazionali e in quelle locali. Niente riempie le pagine degli spettacoli come il Cirque du Soleil ormai sempre in Italia; le stagioni italiane sono piene di eventi circensi che vanno dalle notti bianche, agli spettacoli della famiglia Thierrée o di Slava Polunin, al circo Eloize. La televisione straborda di trasmissioni circensi spesso eccellenti. Ogni volta che un circo tradizionale arriva in una città la cronaca locale se ne occupa ampiamente, come puntualmente documentato da www.circusfans.it. Ovunque piccoli e grandi corsi e scuole di circo, o attività clowns negli ospedali, trovano eco sui giornali. Per non parlare d’estate, quando le ormai centinaia di rassegne italiane, Grugliasco in testa, affollano i quotidiani. Ma Mosca e Monte Carlo? E’ vero, l’Italia della tradizione circense vanta artisti bravissimi (con il cui merito però il sig.Palmiri ha ben poco a che fare), ma per quale motivo la stampa dovrebbe occuparsi di questi concorsi di settore? Quanti italiani interessano? E soprattutto, come e quanto la stampa ne viene informata? Il sig.Palmiri gode di una profumatamente finanziata struttura di documentazione, che però sembra non documenti niente agli italiani, e si lamenta della stampa. Non si lamentano gli artisti e si lamenta lui. E in ogni caso, che notizia sarebbe che questa o quella famiglia di pur eccellenti domatori da cinque generazioni ha vinto per la prima o la quarta volta uno stesso festival facendo girare i cavalli attorno alla pista? Quello che si celebra all’interno di un settore, cosa giustissima, non è necessariamente la stessa cosa che possa interessare universalmente il pubblico.
Non c’è nessun complotto, signor Palmiri. C’è solo il fatto che più passa il tempo, più il circo per la gente significa un universo di tante cose diverse, belle o brutte, grandi e piccole, marginali o universali. E il circo di tradizione, anche quello bellissimo che in vari casi si fa ancora in Italia, quello che come lei dice vince a Monte Carlo, semplicemente non è l’ombelico di questo universo solo per il fatto che esiste da più tempo.
Altro che complotto.
Umberto Eco: “La psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle (…). L'interpretazione sospettosa in un certo senso ci assolve dalle nostre responsabilità perché ci fa pensare che dietro a ciò che ci preoccupa si celi un complotto ai nostri danni”.
Caro signor Palmiri, il paradosso di accusare amministrazioni e stampa di voler tramare contro il circo, non è che un malcelato, seppur forrse inconscio, tentativo di nascondere una sempre più profonda mediocrità e inadeguatezza nel rapportarsi con la società e le sue strutture, per quanto esse siano pesanti e a volte è vero, anche ostili.
Ma ci si ricordi per decenza che migliaia di altri settori italiani hanno problemi con la burocrazia e le istituzioni, e pur essendo ben più in regola con la società del settore circense; e che in alcuni casi la stampa censura e complotta davvero. E in casi molto più seri del circo equestre.
Per decenza, la prego, taccia.
Il vero complotto, signor Palmiri, è quello del suo egocenterismo ai danni del circo tradizionale che purtroppo continua a presiedere, portandolo lungo un lento ma inesorabile suicidio. Si goda dunque la sua splendida età lontano dai giornali, per evitare veri danni di immagine ai coraggiosi superstiti della splendida tradizione da cui lei stesso proviene.
Per una volta, uno spettacolo con acrobati cinesi riesce a conciliare due cose: da una parte le tradizioni popolari della mitologia e della letteratura antica; dall’altra, l’immaginario contemporaneo dei manga e dei fumetti. Servirsi della contemporaneità per non farsene divorare.
“Monkey” ha debuttato la scorsa estate al Festival del teatro di Manchester. Poi è stato nelle scorse settimane all’Opera Chatelet di Parigi, uno dei templi mondiali della lirica. La prossima data sarà in Luglio alla Staats Oper di Berlino. Una volta, prima del cinema e della tv, la lirica e il circo erano lo spettacolo del popolo. “Monkey” ha riportato all’opera un sacco di ragazzini, e ha fatto appassionare all’acrobazia parecchi amanti del melodramma.
E la crisi della lirica, la crisi del circo?
L'immaginazione ci salva.
Sempre.
Questo è un breve documentario sulla creazione di "Monkey":
"Il circo è il regno della verità. La sua gran forza, il segreto del suo successo, stanno in questa verità. Il circo è l’unico spettacolo che stabilisce un intimo contatto tra il pubblico e gli artisti. L’uomo che lavora in una pista è nostro simile, è un uomo mischiato con la moltitudine. Nell’esibirsi in mezzo a questa gente, nel fare un lavoro circolare, quest’uomo non può fare imbrogli né mentire. Tutto ciò che fa deve essere verace, tanto più che, trovandosi illuminato da una luce che cade dal tetto, cruda, bianca, più implacabile della luce del sole, non può usare artifici per ingannarci. Tutto nel circo deve essere leale. Nel circo, esercitiamo un perpetuo diritto allo sguardo".
nella foto: James Thierrée nel film Bye Bye Blackbird, Francia, 2004.