martedì 21 ottobre 2008

L'indice dei libri proibiti


Creato nel 1599 dalla Santa Inquisizione, l'Indice dei libri proibiti vietava tutti quei volumi che "inquinavano la fede", mettendo al bando nel corso dei secoli migliaia di nomi da Cartesio a Moravia.
Nei giorni scorsi, durante il Festival del Circo a Latina (che si svolge per la maggior parte con i contributi pubblici destinati alla "promozione dell'arte circense"), sembra che molti abbiano avuto qualche iniziale difficoltà ad acquistare il volume "Storia del Circo" di Raffaele De Ritis. Infatti, presso lo stand dei libri, pare vi sia stata qualche tensione rispetto all'opportunità di esposizione del volume, che però poi ha venduto benissimo lo stesso. Pare anche che in un colloquio pubblico durante lo stesso Festival, il volume sia stato pubblicamente additato non in positivo. Anche questo episodio ha fatto ulteriormente fioccare le vendite, rendendo il libro l'argomento del giorno.
Il motivo? Sembra che alcuni tra i patrocinatori del Festival abbiano trovato offensive alcune citazioni del libro legate alle politiche culturali e gestionali di varie istituzioni.
E' certo che l'autore di questo libro ha le sue opinioni in proposito, espresse nel volume (e articolate secondo dati concreti), pur se non sempre condivisibili. Questo non vuol dire che si sia avuta alcuna intenzione denigratoria e offensiva: se ciò potesse risultare, ci si rammarica. L'autore conferma il proprio rispetto verso tutte le persone e le istituzioni citate, pur non condividendone sempre le strategie. E si scusa senz'altro se nel volume vi possa essere stata qualche superficiale imprecisione non certo voluta, oppure dovuta a sintesi, disposto a qualunque rettifica pubblica su questo blog laddove la minima inesattezza fosse realmente riscontrata.
Si spera però che non sia un peccato se in un mondo piccolo piccolo come quello del circo qualcuno a volte "inquina la fede": anche in una vetusta istituzione come la Chiesa, il Sant'Uffizio é chiuso già dal 1966, dopo il Concilio Vaticano II.
Comunque, finita la vendita "sottobanco" durante il Festival, del cui successo ci rallegriamo (cioè sia della vendita che del Festival), il libro resta disponibile in tutte le librerie.
Anche quelle del Vaticano.

domenica 19 ottobre 2008

La quadratura del circo

Una novità e qualche riflessione sul concetto di "stile" nelle arti circensi

In ogni forma d’arte sarà sempre aperto il dibattito sulla quadratura del cerchio: come rinnovarsi; in che modo cercare un nuovo pubblico senza perdere quello vecchio; come riuscire ad essere attuali senza rinnegare la tradizione; e in tutto questo avere successo di pubblico, di critica e di soldi.
Nelle arti circensi, il circo "tradizionale" ha difficilmente conquistato nuovi pubblici; quello "contemporaneo" ha sempre avuto fatica ad essere universale.
In realtà
la formula é stata spesso trovata da molti innovatori, dotati di cultura, immaginazione, coscienza del passato e senso di apertura e curiosità verso il mondo e la società del momento. Il segreto? Avere una VISIONE. Solo quella dà coraggio, energia, sicurezza. Gli esempi partono dai grandi artefici del circo sovietico, passando per i circhi-rivista italiani degli anni ’70, arrivano al circo Roncalli in Germania, fino a Zingaro, Archaos, o al Soleil. Sono tutti casi in cui la tradizione è stata aggiornata dallo stile del proprio tempo con formule spesso geniali, tanto da creare stili.

Da pochi giorni ha debuttato a Londra uno spettacolo che potrebbe costituire una nuova tappa nella ricerca degli stili in circo: si chiama La Clique, ed è l’evoluzione di una compagnia di cabaret che da anni ha avuto successo in Australia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Solo che La Clique, a differenza dei tanti cabaret circensi ormai diffusi nei paesi anglosassoni e tedeschi, non si limita ad un cast di buone attrazioni.

La Clique ha messo insieme i propri artisti secondo un semplicissimo principio, appunto, di stile: quasi naturalmente si sono trovati assieme numeri che strizzano l’occhio a tendenze attuali come il new burlesque, il fetish, la derisione, la riscoperta dei freaks e del bizarre, la decadenza pop e fumettistica, il gioco sull'immaginario gay e lesbo, la comicità moderna.


Per il lancio a Londra, i produttori hanno avuto un’idea geniale: la riapertura dell’Hippodrome, l’ormai abbandonato circo stabile della capitale, in cui ai primi del ‘900 si esibirono i numeri più bizzarri e inusuali (sulla sua storia vedi: www.storiadelcirco.blogspot.com). All’interno dell'enorme spazio teatrale è stata posta una minuscola pista circense rotonda (poco più grande di un tavolo da pranzo, forse la più piccola al mondo) circondata da vecchie sedie di legno: la quadratura del circo, insomma. Come era accaduto nel caso di Roncalli, una confezione legata alla mitologia del passato diventa un vassoio d’argento per le follie di oggi: e così, tra i fantasmi di Houdini, del giovane Chaplin o di ciclisti senza gambe, in questi giorni si esibiscono le icone di quello che potrebbe essere definito il “pop circus” contemporaneo: dalla ormai leggendaria maga Ursula Martinez che fa sparire il fazzoletto nei propri orifizi più remoti, a Capitain Frodo che recita battute mentre passa attraverso racchette da tennis, o alla dominatrice Miss Behave, che ingoia le spade vestita di lattice rosso.


Lo spettacolo sta diventando un caso: per i quotidiani inglesi, unanimi, sembra destinato ad essere il successo teatrale dell’anno: secondo il Times, nei tempi di recessione economica l’umanità decadente e assurda degli artisti circensi e di cabaret, il loro calore e la loro spontaneità, superano la sofisticazione del musical e del teatro.
Che si sia finalmente trovata la formula dell’anti-Soleil?






mercoledì 1 ottobre 2008

Cesare Togni (30/10/1924 - 1/10/2008)


Se dovevo immaginare, in Italia, la figura emblematica del “direttore del circo”, quello dei film e dei racconti, pensavo a Cesare Togni. Fin da bambino, mi colpiva il fatto che a differenza dei vari, pur splendidi direttori superstar non appariva in pista (l’aveva lasciata da tempo, e con successi ineguagliati). Il suo cappello a falde larghe, gli abiti eleganti borghesi, il sigaro, e quel faccione da zio in cui le basette incorniciando il sorriso accattivante, gli regalavano un carisma da Mago di Oz. Dietro questa silhouette da film si poteva stare sicuri che si nascondevano sempre grandi spettacoli, nuove attrazioni, nuove sorprese. Pur nella modestia, aveva tutta la orgogliosa grandeur di chi vuole che ogni sua avventura sia “il più grande spettacolo del mondo”. Ma per Cesare Togni “grande” non voleva dire per forza il circo con più elefanti, più clowns, o tendoni per forza immensi. Certo, era anche quello: adorava il circo all’americana, era forse il suo sogno di sempre. Ma più che questo, credo, per il “Signor Cesare”, il grande circo significava il circo fatto con arte. Con la purezza dell’artigianato familiare che sa diventare in alcuni casi capolavoro, affiancato al fascino di mai banali “attrazioni internazionali”.

Le dinastie italiane ebbero splendidi circhi, tra i più belli al mondo. Ma la formula di Cesare Togni si è avvicinata per me a quella del circo perfetto. Pur avendo creato grandi circhi a tre piste, realizzati con l’eccellenza del grande stile, il direttore Cesare Togni ha per me raggiunto il massimo con il circo puro. Negli anni ’70 e ’80, in cui tutti spaziavano dalla pantomima acquatica all’arca di Noé, dalle riviste luccicanti ai circhi ippodromo, dai pattinatori ai cambi di scenari, il Circo di Cesare Togni era quello con la ricetta più semplice e allo stesso tempo più difficile: una pista rotonda, con una gradinata circolare e confortevole; una famiglia versatile e dal talento unico, dentro e fuori pista; vedettes ospiti a incastonarsi su questo gioiello.

La famiglia di Cesare Togni. Non credo di offendere nessuno se sostengo che in un'epoca fu la più bella e versatile del mondo. Molte altre famiglie italiane, avevano e conservano bellezza e versatilità. Ma sul virtuosismo familiare Cesare Togni era l’unico ad aver costruito la poetica stessa del suo circo: conservando il circo come lo si era fatto sempre “all’italiana”. Solo rammarico: che come una simile famiglia classica e virtuosa, quella di Alexis Gruss, non si fosse seguita una via più profonda di circo d’arte: ma tutto era già splendido e difficile così.

Quello che si fa oggi in provetta al Cirque du Soleil, una troupe di base con artisti ospiti, Cesare Togni lo faceva per natura. Aveva allevato dei figli bellissimi, che da parte di madre avevano ereditato la grazia dei Fratellini. Aveva fatto in modo che imparassero a fare di tutto: lo charivari dei salti, la "battuta", il trampolino, le varianti più inventive sui classici dell’arte equestre o del lavoro con gli elefanti. Una delle pochissime famiglie in cui il lavoro con gli animali ha continuato a fondersi alla perfezione con le qualità acrobatiche. E da artista, Cesare Togni amava gli artisti: regalando al pubblico italiano i migliori. Come trapezista, sarà ricordato per aver compiuto unico al mondo la tripla piroetta al trapezio. E i più grandi trapezisti lavoravano al suo circo. E acrobati, domatori di belve, clowns, equilibristi. Ancora oggi, per un artista dal Sudamerica alla Scandinavia, citare nel proprio curriculum Cesare Togni equivale ad una garanzia pari al Moulin Rouge. Oltre agli artisti, amava il pubblico: lo onorava di spettacoli sempre nuovi, senza mai umiliarlo con proposte deludenti. Sapeva orchestrare campagne pubblicitarie memorabili e brillanti, pur senza ricorrere all’eccesso o al raggiro. Nel settore, trasmetteva un rispetto aristocratico. Pur impegnandosi per i problemi del mondo circense con i suoi colleghi, manteneva una elegante distanza dal loro establishment di cui anzi fu a volte vittima.

Allora, grazie Signor Cesare. Grazie per aver esaltato negli italiani la dignità dell’arte circense. Grazie per aspettare ogni sera l’uscita dell’ultimo spettatore prima di fischiare e rompere le righe del personale di pista sull’attenti. Oggi purtroppo il fischio ha chiamato anche te. Ma su quella pista ci sono i tuoi figli, che stanno diventando maestri bravi come lo eri tu, e che grazie a te trasmettono segreti altrimenti perduti. Ci sono i tuoi nipoti, che stanno diventando artisti belli e bravi come siete sempre stati tutti voi Togni. E v'é infine il tuo nome, che adesso rimarrà davvero scolpito nel tempo: proprio come in quel manifesto che, in un mondo impossibile di pellerossa e tigri, esprimeva tutta la tua giusta fierezza di un grande del circo.