giovedì 29 novembre 2007

Circomelies


Vi eccita l'odore soffocante della segatura mista al rumore incerto di unvecchio proiettore? Se siete sensibili a questo feticismo della memoria, è appena nato un nuovo blog: Circomelies.
Come evoca il suo nome tratta dei rapporti tra cinema e circo, dai classici alle avanguardie. Cose viste, cose che si sperava di poter vedere da una vita e altre che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Estratti, frammenti, a volte film interi, foto e manifesti: da Jodorowski a Chaplin, dal Circo Sovietico a Fellini, da Tod Browning a Calder...
L'unico inghippo: il sito è in lingua spagnola. Ma siamo sicuri che la delizia per l'occhio non farà di questo un problema.

www.circomelies.blogspot.com


Nella foto: un fotogramma da Santa Sangre, di Alejandro Jodorowsky.

martedì 27 novembre 2007

Complotto contro il circo

Sulla prima pagina del “Giornale dello Spettacolo” mi allarma un titolo: “Il circo oscurato”. Che vogliano mai abolire i circhi? La foto tessera, a fianco, del presidente dei circhi però mi fa capire che forse non è così grave. Il presidente dei circhi, che si chiama Palmiri, è un signore quasi centenario e assolve questa mansione ininterrottamente da poco dopo la guerra. Infatti, apro il giornale per andare alla pagina dell’articolo ed il titolo è molto più esplicito, però anche molto più allarmante. Dice infatti: “Palmiri: sindaci, giunte e media contro i circhi italiani”. Prima di procedere nella lettura, vengo però rapito dall’immagine che di prepotenza prende forma nella mia mente. Attorno ad un grigio e lungo tavolo, vedo riuniti assessori di tutta italia, sindaci, direttori di giornali e presidenti di televisioni. In modo severo si dicono: “siccome da Aosta ad Agrigento non abbiamo un cazzo da fare, dobbiamo organizzare qualcosa per far fallire tutti insieme i circhi dalla penisola”...
Ma procedo con la lettura. In sei colonne di scenari apocalittici, questo Palmiri parla veramente di un “oscuramento mediatico di cui pare soffrire il circo italiano”, dichiarando oltre che “gli organi di informazione sembra applichino una sorta di censura anche di fronte ai grandi Festival come Monte Carlo o Mosca”. E prosegue vantando il valore di tali successi.

Ma forse il presidente dei circhi i giornali non li legge. Perché del circo si parla tanto, nelle cronache nazionali e in quelle locali. Niente riempie le pagine degli spettacoli come il Cirque du Soleil ormai sempre in Italia; le stagioni italiane sono piene di eventi circensi che vanno dalle notti bianche, agli spettacoli della famiglia Thierrée o di Slava Polunin, al circo Eloize. La televisione straborda di trasmissioni circensi spesso eccellenti. Ogni volta che un circo tradizionale arriva in una città la cronaca locale se ne occupa ampiamente, come puntualmente documentato da
www.circusfans.it. Ovunque piccoli e grandi corsi e scuole di circo, o attività clowns negli ospedali, trovano eco sui giornali. Per non parlare d’estate, quando le ormai centinaia di rassegne italiane, Grugliasco in testa, affollano i quotidiani. Ma Mosca e Monte Carlo? E’ vero, l’Italia della tradizione circense vanta artisti bravissimi (con il cui merito però il sig.Palmiri ha ben poco a che fare), ma per quale motivo la stampa dovrebbe occuparsi di questi concorsi di settore? Quanti italiani interessano? E soprattutto, come e quanto la stampa ne viene informata? Il sig.Palmiri gode di una profumatamente finanziata struttura di documentazione, che però sembra non documenti niente agli italiani, e si lamenta della stampa. Non si lamentano gli artisti e si lamenta lui. E in ogni caso, che notizia sarebbe che questa o quella famiglia di pur eccellenti domatori da cinque generazioni ha vinto per la prima o la quarta volta uno stesso festival facendo girare i cavalli attorno alla pista? Quello che si celebra all’interno di un settore, cosa giustissima, non è necessariamente la stessa cosa che possa interessare universalmente il pubblico. Semplicemente, la capacità innovativa del circo tradizionale nel proporre i suoi numeri è limitatissima. Non tanto per mancanza di idee, ma per definizione, proprio perché per un fattore identitario sceglie di non abbandonare quel formato tradizionale. E la stampa sa intuirlo, poiché semplicemente non fa notizia. Il Soleil, che quel formato deforma, la notizia la fa. E inoltre è anche capace di venderla.Ma su tutto questo ci torneremo.
Non c’è nessun complotto, signor Palmiri. C’è solo il fatto che più passa il tempo, più il circo per la gente significa un universo di tante cose diverse, belle o brutte, grandi e piccole, marginali o universali. E il circo di tradizione, anche quello bellissimo che in vari casi si fa ancora in Italia, quello che come lei dice vince a Monte Carlo, semplicemente non è l’ombelico di questo universo solo per il fatto che esiste da più tempo.

Altro che complotto.

Umberto Eco: “La psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle (…). L'interpretazione sospettosa in un certo senso ci assolve dalle nostre responsabilità perché ci fa pensare che dietro a ciò che ci preoccupa si celi un complotto ai nostri danni”.
Caro signor Palmiri, il paradosso di accusare amministrazioni e stampa di voler tramare contro il circo, non è che un malcelato, seppur forrse inconscio, tentativo di nascondere una sempre più profonda mediocrità e inadeguatezza nel rapportarsi con la società e le sue strutture, per quanto esse siano pesanti e a volte è vero, anche ostili.
Ma ci si ricordi per decenza che migliaia di altri settori italiani hanno problemi con la burocrazia e le istituzioni, e pur essendo ben più in regola con la società del settore circense; e che in alcuni casi la stampa censura e complotta davvero. E in casi molto più seri del circo equestre.
Per decenza, la prego, taccia.
Il vero complotto, signor Palmiri, è quello del suo egocenterismo ai danni del circo tradizionale che purtroppo continua a presiedere, portandolo lungo un lento ma inesorabile suicidio. Si goda dunque la sua splendida età lontano dai giornali, per evitare veri danni di immagine ai coraggiosi superstiti della splendida tradizione da cui lei stesso proviene.

domenica 18 novembre 2007

La caduta del tendone americano


Esce in questi giorni nelle librerie americane “The Fall of the Big Top. The vanishing of the amerirican circus” (La caduta del tendone. La sparizione del circo americano). L’ha scritto un amico, David Hammastrom, critico teatrale e appassionato studioso del circo, e parla della sparizione del circo itinerante dal paesaggio statunitense come istituzione del divertimento e della cultura. Ragioni di questa decadenza? Più o meno le stesse di tutto il mondo: urbanizzazione, aumento dei costi, crisi creativa e immobilismo, problema degli animali, emergere di nuovi divertimenti. La vera scomparsa è quella del formato identitario americano: lo spettacolo a tre piste. Come accade per altre forme di spettacolo, a nostro avviso uno dei fattori di crisi è la legge “del mercato”. Emblematico è il caso del più grande circo del mondo, il Ringling-Barnum, che per ragioni economiche ha vissuto in questi ultimi anni una schizofrenia identitaria: dal complesso psicologico post-Soleil a quello dell’”interattività”, dall’assimilazione degli “sport estremi” all’ultima provocazione: “il circo senza pista” per la 136esima edizione 2006-7.
In realtà si è trattato uno spettacolo con meno animali, meno artisti, meno coreografie spettacolari. Come ha scritto Dominique Jando, l’esperimento, “una serie di innovazioni gratuite e prive di fondamento artistico”, è stato “un “disastro di prima grandezza”, più simile a una Disneyland povera o a un videogame insipido che al "più grande spettacolo del mondo".
Lontani sono i tempi al circo Ringling delle tre piste piene di coreografie, costumi realizzati dai talenti di Broadway e Hollywood, e sotto i riflettori solisti del circo mondiale di prima grandezza, dagli anni ’20 ai primi ‘90. Il legame con la vita teatrale è sempre stato la chiave per i più grandi momenti della storia del circo. Dopo questo tentativo, il circo Ringling è tornato alle tre piste. Il biennio “senza pista” si è fortunatamente concluso nello scorso mese di Novembre.












Come traccia di questa parentesi, lasciamo qui il breve trailer televisivo che due anni fa lanciava questo tentativo di non-circo:

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martedì 6 novembre 2007

Luc e Vladimir



Luc e Vladimir si sono conosciuti alla scuola di circo di Bruxelles, dove oltre ad una solida base di tecniche circensi, si dedicano molte ore al giorno alla riflessione sulle arti sceniche, la costruzione del personaggio, la coscienza creativa dell'interprete.
Questi due ragazzi si sono specializzati in due passioni maturate fin dall'infanzia: l'uno nel diabolo, l'altro nella giocoleria.
Sono tutti e due bravissimi, ciascuno con un numero efficace. Nonostante questo, hanno deciso di fondere le loro identità in un percorso collettivo di coppia, fondando "Le Carrè Curieux", un progetto creativo a due personaggi.

In questi giorni sono in Italia: infatti Liana Orfei li ha visti al saggio della scuola e li ha scritturati al Golden Circus, a Roma, dove ancora per qualche giorno sarà possibile vedere in un numero una parte del loro lavoro.
Per chi non ci può andare, almeno questi loro ritratti di un fotografo con uno sguardo attento sul circo, Xavier Claes.


sabato 3 novembre 2007

Il circo, i manga, la lirica


Dell’opera ha le caratteristiche necessarie: coro e orchestra. Del circo, più del necessario: settanta fra acrobati e performers di arti marziali. E’ l’adattamento scenico-circense di una novella cinese del XVI secolo, creata da un regista cinese (Chen Shi-zeng), un musicista inglese (Damon Albarn) e l’illustratore Jamie Hewlett, che ha creato i personaggi Gorillaz. Non è la solita produzione commerciale ma una creazione vera e propria secondo gli schemi della produzione di lirica moderna. Si intitola Monkey: Journey to the West – A circus opera.

Per una volta, uno spettacolo con acrobati cinesi riesce a conciliare due cose: da una parte le tradizioni popolari della mitologia e della letteratura antica; dall’altra, l’immaginario contemporaneo dei manga e dei fumetti. Servirsi della contemporaneità per non farsene divorare.

“Monkey” ha debuttato la scorsa estate al Festival del teatro di Manchester. Poi è stato nelle scorse settimane all’Opera Chatelet di Parigi, uno dei templi mondiali della lirica. La prossima data sarà in Luglio alla Staats Oper di Berlino. Una volta, prima del cinema e della tv, la lirica e il circo erano lo spettacolo del popolo. “Monkey” ha riportato all’opera un sacco di ragazzini, e ha fatto appassionare all’acrobazia parecchi amanti del melodramma.
E la crisi della lirica, la crisi del circo?
L'immaginazione ci salva.

Sempre.




Questo è un breve documentario sulla creazione di "Monkey":




giovedì 1 novembre 2007

Diritto allo sguardo


"Il circo è il regno della verità. La sua gran forza, il segreto del suo successo, stanno in questa verità. Il circo è l’unico spettacolo che stabilisce un intimo contatto tra il pubblico e gli artisti. L’uomo che lavora in una pista è nostro simile, è un uomo mischiato con la moltitudine. Nell’esibirsi in mezzo a questa gente, nel fare un lavoro circolare, quest’uomo non può fare imbrogli né mentire. Tutto ciò che fa deve essere verace, tanto più che, trovandosi illuminato da una luce che cade dal tetto, cruda, bianca, più implacabile della luce del sole, non può usare artifici per ingannarci. Tutto nel circo deve essere leale. Nel circo, esercitiamo un perpetuo diritto allo sguardo".

Sebastian Gasch, Spagna, 1950.
(traduz.nostra)

nella foto: James Thierrée nel film Bye Bye Blackbird, Francia, 2004.