martedì 25 dicembre 2007

Buon Natale


Dame Laura Knight, "Charivari, or the Great Parade" (1928).
Olio su tela, Newport Art Museum.
Ispirato al circo natalizio di Bertam Mills all'Olympia hall di Londra.

domenica 23 dicembre 2007

De La Guarda, spirito circense



Fuerza bruta e cose vicine al circo



Il circo va di moda (per fortuna). E allora si pensa che per fare qualcosa di “circense” basti appendere dieci ginnasti ad una gru, o farli camminare sulla fiancata di un antico palazzo mentre ci si proiettano sopra gigantografie. Poi, però, a tutte queste forme che si rifanno al circo, di circense mancano il vero virtuosismo, il coraggio, la follia, quel-qualcosa-che, etc. Calma: questo manca anche a molti circhi (che quindi poi risultano meno circensi di cose che circo non sono).







Una delle eccezioni a questo mondo un po’ asettico è un gruppo argentino di pazzi che si chiamano “De La Guarda”: non si dichiarano circensi, ma nello spirito lo sono e come. Li ho scoperti una decina di anni fa a New York nel loro primo spettacolo, che poi è passato rapidamente anche in Italia, di recente. Cosa fanno: di tutto. Sprigionano tutta la loro fisicità; non sono contenti se al loro sudore non si mischia anche il tuo, se quello che fanno non riesce a portartici dentro, facendoti perdere ogni orientamento, prendendoti di peso e costringendoti a essere in un altrove che non sapevi neanche esistere. Questo sì, che è circense.






Da un paio di mesi, “De La Guarda” ha creato a New York un nuovo spettacolo, che si chiama “Fuerza Bruta”. Tra le altre cose che vi succedono (veramente tante e le più disparate), gli artisti fanno acrobazie acquatiche sulle teste degli spettatori. Nel senso che letteralmente scende sulle vostre teste una membrana che si riempie d’acqua. Per farlo, hanno dovuto sventrare la parete di un teatro. Anche Barnum ne sventrò una, la volta che dovette ospitare una balena imbalsamata.







Passando ai fatti, mentre leggete state vedendo alcune foto di “Fuerza Bruta”, che tra l‘altro, se uno vuole, possono suggerire un vago colorito anche natalizio (ah, questo non esclude che in un prossimo post potremo avventurarci nello stantìo tema “circo – natale”). E in chiusura, avete anche un loro trailer. Poi, se qualcuno è curioso, su http://www.fuerzabruta.net/ c'è un sacco di altra roba.
Comunque ci risentiamo per gli auguri.

lunedì 17 dicembre 2007

Circ Cric

Ho visto un circo bellissimo

Il circo ha una mitologia enorme, sovraccarica di immaginario e di aspettative, e lo spettatore richiede sempre una sfida stretta tra il bisogno della sorpresa e quella delle conferme. Vedere un circo che di tutto questo rappresenti l’essenza è una probabile utopia.

Ho visto un circo bellissimo a Barcellona, pentendomi che fosse la prima volta (ad esempio non sapevo che Joan Mirò fosse stato uno dei suoi aficionados). In Catalogna sembra rappresenti quello che è Roncalli per la Germania, o Knie per la Svizzera. E’ bellissimo perché è essenziale, primario, come pochi che io abbia mai visto. A cominciare dal nome, del resto: Circ Cric. Non è nè troppo grande, nè troppo piccolo. Né troppo vecchio, né troppo nuovo (compie 20 anni). Non indulge alle tentazioni dell’avanguardia, ma neanche alle suppellettili della conservazione. E’ essenziale perché si basa sull’esaltazione di quegli elementi, pochi in fin dei conti, che ritengo essere la sostanza del circo. L’itineranza precaria del sistema e la circolarità perfetta dello spazio. La fidelizzazione negli anni e il rispetto verso il pubblico. Il processo creativo di costruzione dello spettacolo rigoroso ma spontaneo, sempre nell’universalità di un prodotto che si vuole popolare. La fantasia e il surrealismo. E l’ironia.

E infine, i quattro elementi di base per fare uno spettacolo di circo: la musica, i pagliacci, i numeri, la barriera. Va spesso ricordato: il circo è fatto di numeri (non ci si può girare intorno più di tanto). I numeri non hanno senso senza la musica. Lo spettacolo di circo non funziona senza i pagliacci. E neanche senza la barriera, che è quell’insieme di artisti e personaggi ormai sostituita da tristi schiere di anonimi lavavetri. Non so spiegare perché credo in questa ricetta, ma è un’alchimia che si è costruita nei secoli, e quindi è così. Una volta che quest’alchimia funziona, non serve altro (animali o non animali, soleil o non soleil).

Il circo Cric, dicevo, è rotondo (i circhi ormai non sono quasi più rotondi), una sorta di Knie un po’ più piccolo. Si entra dale scale esterne. Non c’è l’ombra di velluti o dorature per evocare un passato che tanto già conosciamo. La pista è un palco nero, rotondo, finalmente senza quei fastidiosi palchi (che in origine al circo non c’erano) liberando l’energia che corre dall’artista allo spettatore, come in piazza. Le luci sono del massimo livello. Un’orchestra fenomenale, straordinaria, fatta di grandi solisti (per la prima volta vedo un pianoforte a coda sotto un tendone). Gli artisti sono tutt’uno con l’orchestra: ci si siedono in mezzo quando non lavorano; e l’orchestra è tutt’uno con gli artisti perché guida lo spettacolo come un ottovolante, con una ricerca raffinatissima su divertenti temi latini e brasiliani. E gli artisti sono “la barriera”, come sempre è stato e dovrebbe essere: non esistono “inservienti”. I numeri, non tantissimi ma confezionati con la cura di un pasticciere che compone una scatola di dolci per il pranzo della festa. Sono scritturati da tutto il mondo (Canada e Francia sopratutto), in genere ragazzi di scuole ma che hanno in comune talento, energia e spontaneità. E poi un bravo mimo, Leandre.

E infine un grande pagliaccio, Tortell Poltrona: una carica dirompente di umanità. E’ una delle figure storiche del teatro di strada e del circo catalano, molto amato da pubblico, e direttore di questo circo. Un circo in cui, pur senza un animale, anche i bambini più piccoli rimangono inchiodati per due ore con gli occhi spalancati.






Nel video: Leandre in una brevissima transizione musicale dello spettacolo.

sabato 1 dicembre 2007

Vintage Moira

giovedì 29 novembre 2007

Circomelies


Vi eccita l'odore soffocante della segatura mista al rumore incerto di unvecchio proiettore? Se siete sensibili a questo feticismo della memoria, è appena nato un nuovo blog: Circomelies.
Come evoca il suo nome tratta dei rapporti tra cinema e circo, dai classici alle avanguardie. Cose viste, cose che si sperava di poter vedere da una vita e altre che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Estratti, frammenti, a volte film interi, foto e manifesti: da Jodorowski a Chaplin, dal Circo Sovietico a Fellini, da Tod Browning a Calder...
L'unico inghippo: il sito è in lingua spagnola. Ma siamo sicuri che la delizia per l'occhio non farà di questo un problema.

www.circomelies.blogspot.com


Nella foto: un fotogramma da Santa Sangre, di Alejandro Jodorowsky.

martedì 27 novembre 2007

Complotto contro il circo

Sulla prima pagina del “Giornale dello Spettacolo” mi allarma un titolo: “Il circo oscurato”. Che vogliano mai abolire i circhi? La foto tessera, a fianco, del presidente dei circhi però mi fa capire che forse non è così grave. Il presidente dei circhi, che si chiama Palmiri, è un signore quasi centenario e assolve questa mansione ininterrottamente da poco dopo la guerra. Infatti, apro il giornale per andare alla pagina dell’articolo ed il titolo è molto più esplicito, però anche molto più allarmante. Dice infatti: “Palmiri: sindaci, giunte e media contro i circhi italiani”. Prima di procedere nella lettura, vengo però rapito dall’immagine che di prepotenza prende forma nella mia mente. Attorno ad un grigio e lungo tavolo, vedo riuniti assessori di tutta italia, sindaci, direttori di giornali e presidenti di televisioni. In modo severo si dicono: “siccome da Aosta ad Agrigento non abbiamo un cazzo da fare, dobbiamo organizzare qualcosa per far fallire tutti insieme i circhi dalla penisola”...
Ma procedo con la lettura. In sei colonne di scenari apocalittici, questo Palmiri parla veramente di un “oscuramento mediatico di cui pare soffrire il circo italiano”, dichiarando oltre che “gli organi di informazione sembra applichino una sorta di censura anche di fronte ai grandi Festival come Monte Carlo o Mosca”. E prosegue vantando il valore di tali successi.

Ma forse il presidente dei circhi i giornali non li legge. Perché del circo si parla tanto, nelle cronache nazionali e in quelle locali. Niente riempie le pagine degli spettacoli come il Cirque du Soleil ormai sempre in Italia; le stagioni italiane sono piene di eventi circensi che vanno dalle notti bianche, agli spettacoli della famiglia Thierrée o di Slava Polunin, al circo Eloize. La televisione straborda di trasmissioni circensi spesso eccellenti. Ogni volta che un circo tradizionale arriva in una città la cronaca locale se ne occupa ampiamente, come puntualmente documentato da
www.circusfans.it. Ovunque piccoli e grandi corsi e scuole di circo, o attività clowns negli ospedali, trovano eco sui giornali. Per non parlare d’estate, quando le ormai centinaia di rassegne italiane, Grugliasco in testa, affollano i quotidiani. Ma Mosca e Monte Carlo? E’ vero, l’Italia della tradizione circense vanta artisti bravissimi (con il cui merito però il sig.Palmiri ha ben poco a che fare), ma per quale motivo la stampa dovrebbe occuparsi di questi concorsi di settore? Quanti italiani interessano? E soprattutto, come e quanto la stampa ne viene informata? Il sig.Palmiri gode di una profumatamente finanziata struttura di documentazione, che però sembra non documenti niente agli italiani, e si lamenta della stampa. Non si lamentano gli artisti e si lamenta lui. E in ogni caso, che notizia sarebbe che questa o quella famiglia di pur eccellenti domatori da cinque generazioni ha vinto per la prima o la quarta volta uno stesso festival facendo girare i cavalli attorno alla pista? Quello che si celebra all’interno di un settore, cosa giustissima, non è necessariamente la stessa cosa che possa interessare universalmente il pubblico. Semplicemente, la capacità innovativa del circo tradizionale nel proporre i suoi numeri è limitatissima. Non tanto per mancanza di idee, ma per definizione, proprio perché per un fattore identitario sceglie di non abbandonare quel formato tradizionale. E la stampa sa intuirlo, poiché semplicemente non fa notizia. Il Soleil, che quel formato deforma, la notizia la fa. E inoltre è anche capace di venderla.Ma su tutto questo ci torneremo.
Non c’è nessun complotto, signor Palmiri. C’è solo il fatto che più passa il tempo, più il circo per la gente significa un universo di tante cose diverse, belle o brutte, grandi e piccole, marginali o universali. E il circo di tradizione, anche quello bellissimo che in vari casi si fa ancora in Italia, quello che come lei dice vince a Monte Carlo, semplicemente non è l’ombelico di questo universo solo per il fatto che esiste da più tempo.

Altro che complotto.

Umberto Eco: “La psicologia del complotto nasce dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti fatti preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non ci soddisfano perché ci fa male accettarle (…). L'interpretazione sospettosa in un certo senso ci assolve dalle nostre responsabilità perché ci fa pensare che dietro a ciò che ci preoccupa si celi un complotto ai nostri danni”.
Caro signor Palmiri, il paradosso di accusare amministrazioni e stampa di voler tramare contro il circo, non è che un malcelato, seppur forrse inconscio, tentativo di nascondere una sempre più profonda mediocrità e inadeguatezza nel rapportarsi con la società e le sue strutture, per quanto esse siano pesanti e a volte è vero, anche ostili.
Ma ci si ricordi per decenza che migliaia di altri settori italiani hanno problemi con la burocrazia e le istituzioni, e pur essendo ben più in regola con la società del settore circense; e che in alcuni casi la stampa censura e complotta davvero. E in casi molto più seri del circo equestre.
Per decenza, la prego, taccia.
Il vero complotto, signor Palmiri, è quello del suo egocenterismo ai danni del circo tradizionale che purtroppo continua a presiedere, portandolo lungo un lento ma inesorabile suicidio. Si goda dunque la sua splendida età lontano dai giornali, per evitare veri danni di immagine ai coraggiosi superstiti della splendida tradizione da cui lei stesso proviene.

domenica 18 novembre 2007

La caduta del tendone americano


Esce in questi giorni nelle librerie americane “The Fall of the Big Top. The vanishing of the amerirican circus” (La caduta del tendone. La sparizione del circo americano). L’ha scritto un amico, David Hammastrom, critico teatrale e appassionato studioso del circo, e parla della sparizione del circo itinerante dal paesaggio statunitense come istituzione del divertimento e della cultura. Ragioni di questa decadenza? Più o meno le stesse di tutto il mondo: urbanizzazione, aumento dei costi, crisi creativa e immobilismo, problema degli animali, emergere di nuovi divertimenti. La vera scomparsa è quella del formato identitario americano: lo spettacolo a tre piste. Come accade per altre forme di spettacolo, a nostro avviso uno dei fattori di crisi è la legge “del mercato”. Emblematico è il caso del più grande circo del mondo, il Ringling-Barnum, che per ragioni economiche ha vissuto in questi ultimi anni una schizofrenia identitaria: dal complesso psicologico post-Soleil a quello dell’”interattività”, dall’assimilazione degli “sport estremi” all’ultima provocazione: “il circo senza pista” per la 136esima edizione 2006-7.
In realtà si è trattato uno spettacolo con meno animali, meno artisti, meno coreografie spettacolari. Come ha scritto Dominique Jando, l’esperimento, “una serie di innovazioni gratuite e prive di fondamento artistico”, è stato “un “disastro di prima grandezza”, più simile a una Disneyland povera o a un videogame insipido che al "più grande spettacolo del mondo".
Lontani sono i tempi al circo Ringling delle tre piste piene di coreografie, costumi realizzati dai talenti di Broadway e Hollywood, e sotto i riflettori solisti del circo mondiale di prima grandezza, dagli anni ’20 ai primi ‘90. Il legame con la vita teatrale è sempre stato la chiave per i più grandi momenti della storia del circo. Dopo questo tentativo, il circo Ringling è tornato alle tre piste. Il biennio “senza pista” si è fortunatamente concluso nello scorso mese di Novembre.












Come traccia di questa parentesi, lasciamo qui il breve trailer televisivo che due anni fa lanciava questo tentativo di non-circo:

="http://www.youtube.com/v/03v_JT4z_-I">


martedì 6 novembre 2007

Luc e Vladimir



Luc e Vladimir si sono conosciuti alla scuola di circo di Bruxelles, dove oltre ad una solida base di tecniche circensi, si dedicano molte ore al giorno alla riflessione sulle arti sceniche, la costruzione del personaggio, la coscienza creativa dell'interprete.
Questi due ragazzi si sono specializzati in due passioni maturate fin dall'infanzia: l'uno nel diabolo, l'altro nella giocoleria.
Sono tutti e due bravissimi, ciascuno con un numero efficace. Nonostante questo, hanno deciso di fondere le loro identità in un percorso collettivo di coppia, fondando "Le Carrè Curieux", un progetto creativo a due personaggi.

In questi giorni sono in Italia: infatti Liana Orfei li ha visti al saggio della scuola e li ha scritturati al Golden Circus, a Roma, dove ancora per qualche giorno sarà possibile vedere in un numero una parte del loro lavoro.
Per chi non ci può andare, almeno questi loro ritratti di un fotografo con uno sguardo attento sul circo, Xavier Claes.


sabato 3 novembre 2007

Il circo, i manga, la lirica


Dell’opera ha le caratteristiche necessarie: coro e orchestra. Del circo, più del necessario: settanta fra acrobati e performers di arti marziali. E’ l’adattamento scenico-circense di una novella cinese del XVI secolo, creata da un regista cinese (Chen Shi-zeng), un musicista inglese (Damon Albarn) e l’illustratore Jamie Hewlett, che ha creato i personaggi Gorillaz. Non è la solita produzione commerciale ma una creazione vera e propria secondo gli schemi della produzione di lirica moderna. Si intitola Monkey: Journey to the West – A circus opera.

Per una volta, uno spettacolo con acrobati cinesi riesce a conciliare due cose: da una parte le tradizioni popolari della mitologia e della letteratura antica; dall’altra, l’immaginario contemporaneo dei manga e dei fumetti. Servirsi della contemporaneità per non farsene divorare.

“Monkey” ha debuttato la scorsa estate al Festival del teatro di Manchester. Poi è stato nelle scorse settimane all’Opera Chatelet di Parigi, uno dei templi mondiali della lirica. La prossima data sarà in Luglio alla Staats Oper di Berlino. Una volta, prima del cinema e della tv, la lirica e il circo erano lo spettacolo del popolo. “Monkey” ha riportato all’opera un sacco di ragazzini, e ha fatto appassionare all’acrobazia parecchi amanti del melodramma.
E la crisi della lirica, la crisi del circo?
L'immaginazione ci salva.

Sempre.




Questo è un breve documentario sulla creazione di "Monkey":




giovedì 1 novembre 2007

Diritto allo sguardo


"Il circo è il regno della verità. La sua gran forza, il segreto del suo successo, stanno in questa verità. Il circo è l’unico spettacolo che stabilisce un intimo contatto tra il pubblico e gli artisti. L’uomo che lavora in una pista è nostro simile, è un uomo mischiato con la moltitudine. Nell’esibirsi in mezzo a questa gente, nel fare un lavoro circolare, quest’uomo non può fare imbrogli né mentire. Tutto ciò che fa deve essere verace, tanto più che, trovandosi illuminato da una luce che cade dal tetto, cruda, bianca, più implacabile della luce del sole, non può usare artifici per ingannarci. Tutto nel circo deve essere leale. Nel circo, esercitiamo un perpetuo diritto allo sguardo".

Sebastian Gasch, Spagna, 1950.
(traduz.nostra)

nella foto: James Thierrée nel film Bye Bye Blackbird, Francia, 2004.

mercoledì 24 ottobre 2007

Off Limits



Un primo post, giusto per il titolo emblematico: off-limits, nel senso di spingere al massimo dei confini la propria immaginazione, come tentativo di strappare il pubblico dal torpore delle proprie case, attraverso il traffico e fin dentro il tendone.

Off Limits è il titolo dello spettacolo del grande circo Flic-Flac, in Germania.
Numeri più o meno tradizionali ma confezionati secondo l'idea che, forse, è al di fuori degli stereotipi che un'arte antica come il circo può avere ancora senso.
I numeri sono riuniti secondo una logica, quella dell'immaginario post-industriale: ma potrebbe essere qualunque altra, giusto per definire un'atmosfera.
L'idea in verità non è nuova: il tendone popolato di bikers, demolitori di auto e rock bands di periferia, l'enorme rettilineo come spazio scenico si devono all'indimenticabile gruppo francese del Cirque Archaos, a metà anni '90.

Questo spettacolo, in scena da un anno circa con effetti di acqua e di fuoco, termina tra circa un mese, anche per le sue notevoli proporzioni.

Chi non si accontenta del trailer, è ancora in tempo per andarlo a vedere (www.circusflicflac.de).